View Colofon

Anche se non puoi vederne che una goccia

Translated from NL to IT by Antonio De Sortis
Written in NL by Rebekka de Wit

The white cracker who wrote the national anthem knew what he was doing.  He set the word “free” to a note so high nobody can reach it.  
That was deliberate. 
Angels in America
(Tony Kushner)


Io e mio padre eravamo per strada verso l’aeroporto. Andavo per un mese  in America e per lui venire a salutarmi era questione di vita o di morte. Stavo andando a Charleston, una cittadina sulla costa del South  Carolina. Mio padre mi chiese che aspetto avesse il posto e in quel mo mento realizzai di non aver googlato nemmeno una foto. 
Sapevo soltanto che c’era stata una sparatoria, nel seminterrato di  una chiesa bianca. A dire il vero solo l’edificio della chiesa era bianco, la co munità della chiesa era nera.  
Sparatoria non è in realtà il termine più adatto, in quanto suggerisce  che diverse persone si siano sparate a vicenda. Non è questo il caso. C’era  un unico ragazzo, neanche ventenne, bianco e brufoloso, che era andato a  tagliarsi i capelli prima di entrare nel seminterrato. Con un caschetto fresco  di barbiere e una maglietta a strisce blu, il ragazzo si mise a sedere nel se minterrato, seguì la catechesi, e un’ora dopo tirò fuori una pistola dal mar supio per sparare a chiunque si trovasse nella stanza. 
Un paio di settimane dopo la sparatoria, i parenti delle vittime ave vano perdonato il ragazzo col caschetto. Involontariamente. O meglio, non  c’era stata una decisione collettiva consapevole. Non si era svolta nessuna  riunione in quel senso. Durante la prima udienza dei testimoni in tribu nale, il giudice domandò se i congiunti avessero voluto aggiungere qual cosa. Una ragazza si alzò in piedi e disse di sentire dolore in ogni parte del  corpo, ma che lo avrebbe perdonato, al che tutti i parenti delle vittime si av vicinarono al microfono e dissero più o meno le stesse cose. 
Mio padre disse che è impossibile perdonare nel giro di due setti mane. Non una cosa del genere. “Io non credo che questo sia vero per dono.” Bevemmo un milkshake vicino al gate. “Non essere così sicura di te,  ok?” aggiunse. “Voglio dire: non aspettarti chissà che, dal perdono. Per  molte persone il perdono è soprattutto l’accettazione che il passato non  può più cambiare” 
“È di Oprah?” 
“Cosa?” 
“Questa citazione.” 
“No.” 
“Oprah ha detto più o meno le stesse cose.” 
Gli venne da ridere, rispose che era Oprah a citarlo di continuo e mi  lasciò delle matite da temperare.

Quando arrivai la chiesa era chiusa. Alla porta erano appesi dei fiori appas siti già da qualche mese. 
Il giorno successivo, quando tornai a bussare alla porta, un gruppo  di una ventina di persone stava iniziando l’oretta settimanale di catechesi, e  io ero la benvenuta a partecipare. La polizia sorvegliava l’ingresso ed en trambi gli agenti stringevano una bibbia in grembo. Io mi ero portata un  quaderno vuoto, e lo sistemai sul tavolo davanti a me. L’intestazione era  “perdono”. Come se stessi pensando di fare un corso. 
Durante la catechesi la parola “Gesù” occorreva così spesso che mi  chiesi se la gente avrebbe continuato comunque a parlare, nel caso avessero  proibito la parola “Gesù”. 
Credo che mio padre volesse mettermi in guardia, dicendomi che  quelle comunità sono “alquanto evangeliche”. Non so cosa significasse di  preciso, certo è che non avrei potuto chiedere di “mettere un attimo da  parte Gesù”. In effetti ce l’avevo proprio sulla punta della lingua. Qui non  si mette mai da parte Gesù. 
C’era anche un’altra donna bianca alla catechesi. Aveva tenuto tutto  il tempo sul petto un foglio A4 plastificato, con sopra i volti delle nove per sone uccise. Avevano cambiato colore, perché da dopo la sparatoria - sei  mesi fa ad oggi- il foglio era sempre stato appeso al frigorifero, e nella sua  cucina entra così tanta luce che tutto sbiadisce lentamente. 
“And now we have a sweet surprise” , disse il pastore e guardò verso  la donna. 
Lei annuì, si alzò in piedi e si avvicinò a un tavolino, sul quale stava  un gigantesco plastico della chiesa nella quale ci trovavamo. O quanto meno, io pensavo si trattasse di un plastico. 
“Ci ho messo tre settimane” disse la donna “a fare questa torta”.  Cominciò a tremarle il labbro inferiore. “Ho molto accusato gli attentati  di giugno, molto più di quanto probabilmente possiate comprendere, e  questo foglio è appeso già da sei mesi sullo sportello del mio frigorifero.”  La donna si interruppe per piangere. Era la torta più grossa che avessi mai  visto in vita mia. 
“Scusatemi,” disse lei. “Ho riflettuto a lungo su cosa fare per dimo strarvi fino a che punto questa cosa mi abbia toccato.” 
Attorno alla chiesa aveva fatto un giardino di marzapane, con  dentro nove alberi di Natale di marzapane, uno per ogni morto. E in cima a  quegli alberi di natale c’erano delle colombe di marzapane completamente  bianche, una per ogni morto. Una lacrima finì giusto su una delle colombe.  
Le sue lacrime erano nere di mascara. “Mi dispiace,” disse. Qualcun altro  iniziò a piangere. 
“Mi dispiace così tanto.” 
Le sue scuse erano dirette alle colombe, le quali ora sembravano im merse nel fango, ma per un istante pensai si riferisse a tutto quanto. Quel  tutto che ti spezza il cuore, anche se non puoi vederne che una goccia. 
“Le lucine degli alberi di natale non sono commestibili,” aggiunse. Alla mia sinistra qualcun altro iniziò a singhiozzare. Era il custode,  che per primo aveva visto la scena. 
Pensai a chi dice che se sei nero in America devi avere la faccia dura  come un pugno, e mi domandai se il perdono ha qualcosa a che fare con  questo: con il rifiuto di avere la faccia dura come un pugno. 
Anche la donna continuava a piangere. 
Sventolò via le lacrime usando il foglio con le teste sbiadite delle per sone che erano state uccise. Nessuno fiatava. 
In quel momento di silenzio rimisi il quaderno nella borsa. Ero  venuta per capire cosa fosse accaduto e che cosa, grazie al perdono, non sa rebbe più accaduto, se il perdono in altre parole ha il potere di frenare qual cosa, di frenare disastri futuri, soltanto che ciò che era accaduto qui ancora  non era finito. C’era poco di cui parlare, molto di cui piangere. 
Il pastore mi invitò a passare in chiesa la settimana successiva. Ci sa rebbe stata una speciale cerimonia di commemorazione. 
Mi misi d’accordo con la donna della torta per andarci insieme e tra scorsi il resto della settimana quasi sempre in autobus, per spostarmi da un  posto all’altro. Da un’intervista all’altra. Nell’autobus ero sempre l’unica  bianca, l’autista sempre l’unico uomo, fu così che scoprii che si chiamava  Tom e che non aveva mai causato un incidente. 
Venni a sapere che la comunità era piuttosto divisa per via di quell’o pera di perdono.  
In alcune famiglie avevano smesso di parlarsi, perché una sorella  aveva perdonato, ma l’altra ancora non si sentiva pronta. La prima sorella  finiva in copertina su Time Magazine e da Oprah, la seconda non la invi tava nessuno e da allora entrambe le sorelle smettevano di parlarsi. La se conda sorella non perdonava alla prima di aver perdonato. 
La chiesa era strapiena per la cerimonia di commemorazione. Alla  catechesi mi avevano detto che tutti i membri della comunità continua vano ad andarci. Anche se non si rivolgevano più la parola. 
Vidi che la torta si trovava sull’altare. Il pastore aspettò che ci fosse  silenzio e a quel punto disse: 
“I am standing on holy ground. This church was built by slaves and  the children of slaves who were burnt on this piece of earth. On their ashes  the church was built again. Their children sang on this piece of earth.  Places of deep, excruciating tragedy have the potential to become holy. I am not saying this church is holy, but we are standing on a graveyard. I  mean, holy this peace of earth. Holy the way someone opened the door to  the basement with a bucket and some cleaning material and started to  sweep the place up. Holy the bucket with blood and bleach and tears.” Il  pastore si avvicinò alla torta e disse: “and holy this cake.”  
“There is something that made this cake, and it is the same thing  that rebuilt this church. And it is the same thing that eventually gives birth  to us, again and again. Now we will eat the cake after the service, because  after today it will go bad. And I guess that accounts for everything holy  that stays in its form too long. And I don’t know what will happen after  that. How many of us will die, will have to die until we find a tragedy that  is big enough to fit us all. Amen.”  
Il pastore ci fece segno di alzarci per cantare. Io ero di fianco a una donna.  Non so di preciso quanti anni avesse, ma mi sembrava ben più vecchia del  movimento per i diritti civili. Aveva un neo sul collo dal quale spuntavano alcuni peli grigi arricciati. Sembrava una piccola spazzola metallica. Cantammo “Stille Nacht” e io stonavo. Non riuscivo a trovare la  tonalità. E a un certo punto, verso “all is calm” sentii una seconda voce. La  donna di fianco a me stava facendo il controcanto alla mia voce stonata.  Cantava molto bene, per cui sembrava che cantassi bene anch’io. “Did you hear that?” mi domandò più tardi. “Two people off key in  close harmony.”  
Pensai che se si potesse ricavare una canzone dal perdono, avrebbe il  suono di noi due in quel momento. 
Alla fine della cerimonia il vescovo ruppe il campanile della torta di  marzapane e lo tagliò in piccoli pezzi. Vennero avanti vassoi con il caffè e  tutti si alzarono per mangiare la torta e bere caffè.  
Io uscii fuori. 
Stavo al sole, appoggiata alla porta. 
Mi vergognavo per aver portato così poco con me alla cerimonia.  Alla catechesi. In America. 
Avevo un quaderno vuoto, uno zaino pieno di diffidenza, un libro  intitolato Cheap Grace. Quello me lo aveva dato mio padre. È un’espres sione coniata dal partigiano e teologo Dietrich Bonhoeffer con cui inten deva dire che senza pentimento non ci può essere perdono. 
“Ma se il pentimento non arriva mai?” domandò il custode e io non  sapevo cosa rispondere. Con molta probabilità il pentimento non sarebbe  arrivato. 
Non so neanche più se era mia, quella diffidenza che avevo portato  con me, oppure se, come le madri che infilano una mela di scorta nello zaino del figlio che se ne va, mi era stata imposta. Diffidenza come sicu rezza. Come modo di sopravvivere sempre. 
Mi pare avessi buone intenzioni, quando mi proposi di fare luce sul  perdono di Charleston. 
Tuttavia, non soltanto mi inserivo nella lunga fila dei tanti che ci  avevano provato, ma notai che, per il solo fatto di fare luce su di esse, le cose  lentamente cambiano colore. Fare luce sul perdono non significava sol tanto “tentare di capirlo”, ma anche volerlo spiegare a un pubblico - ad  esempio il pubblico del Time Magazine - che nutre fastidio, incredulità o  perfino diffidenza nei confronti del perdono. Me compresa, con le mie do mande - e per estensione, tutte quelle domande che in un modo o nell’altro  hanno a che fare con la domanda se tutto questo sia effettivamente vero, se  risvegli qualcosa, o ne modifichi il corso, se indebolisca un legame. 
Ma se le tue domande hanno ormai prodotto diffidenza, in una si tuazione del genere puoi davvero fare l’anatomia del perdono? È comun que opportuno farlo? È opportuno sottoporre tutto ciò che accade a una  gigantesca lente d’ingrandimento, con il rischio che qualsiasi cosa si trovi  sotto quella lente - e che ancora conservi un po’ di verità - vada in fumo? 
Salii sull’autobus verso il posto dove alloggiavo, salutai l’autista e rimasi in  piedi lì davanti. C’era stato un incidente, e stavamo fermi vicino a un car tellone pubblicitario dal quale un uomo bianco in accappatoio gettava lo  sguardo oltre lo skyline di una città, stringendo in mano un pacco di siga rette elettroniche. C’era scritto: “Take your freedom back”. 
Domandai all’autista se sapesse cos’era il perdono. 
Lui scoppiò a ridere e urlò: “hell yeah!” . 
Gli domandai se e quando gli fosse capitato di perdonare e lui ri spose col tono di chi porta il ritmo di un blues: “Baby! Oh Baby, I gotta  forgive all day long!” e strombazzò all’auto davanti a lui.

More by Antonio De Sortis

Manovra

È la fine di gennaio, un sabato, è passato un anno da quando hai lasciato il  cuociriso da lei. Versi il caffè in due tazze e togli le fette dal tostapane. La  zuccheriera è sulla penultima mensola nella credenza sopra i fornelli.  Quando ti ci allunghi, la spalla ti scricchiola in un modo orribile. Lei alza lo  sguardo dal telefono, che è poggiato sulla tavola accanto ai suoi occhiali.  Metti la zuccheriera sul tavolo, ti scusi e seduta in bagno piangi. Se espiri  lentamente riesci quasi a coprire i singhiozzi. A malapena un’eco. Un se greto che condividi con il calendario sulla porta.  Ti la...
Translated from NL to IT by Antonio De Sortis
Written in NL by Simone Atangana Bekono

Dichiarazione di dipendenza

Poco tempo fa, a un barbecue, ho conosciuto una persona che aveva  appena avuto un bambino. Era la sua prima uscita in pubblico. Confessò,  con il bambino fra le braccia, che questo fatto l’aveva resa dipendente. Nel  dire così fece una faccia delusa, e ne parlava come se fosse una confessione.  Sembrava che per lei la dipendenza fosse una forma di fallimento.  Come per tutti noialtri, credo.  Alla dipendenza si associa il più delle volte qualcosa di debole e poco  attraente, di brutto addirittura. Se pensiamo all’indipendenza, vediamo  invece un che di forte, di attraente, l’obiettivo a cui t...
Translated from NL to IT by Antonio De Sortis
Written in NL by Rebekka de Wit

Punto di fuga

Parliamo di un uomo che non vuol perdere la strada di casa. Egli è fatto di  pasta di pane. Si mette in viaggio. Ogni pochi metri l’uomo si stacca di dosso  una briciolina, e la lascia cadere. Prima si stacca un braccio. Poi le orecchie, e  il naso. A seguire si cava un buco in pancia. Nell’immagine successiva guar diamo attraverso il buco dell’uomo. Nel buco vediamo, in lontananza, una  casetta. Dietro la finestra c’è una vecchia davanti a un tavolo. La donna  lavora un ammasso di pasta. Musichetta commovente nel finale.  Parliamo di qualcuno che è felice, ma non di una felicità che valga la ...
Translated from NL to IT by Antonio De Sortis
Written in NL by Maud Vanhauwaert

Bollettino dell’ultimo giorno

I suppose, I said, it is one definition of love, the belief in something that only  the two of you can see.  – Rachel Cusk, Outline Per l’ennesima volta mi impedisce di tirare fuori dallo zaino la mappa dell’i sola.  – Così sembriamo proprio delle turiste, – mi dice.  – Ma è quello che siamo, no? – domando io.  Lei non risponde, ma aggrottando le sopracciglia guarda lo schermo del te lefono. Qualcuno le ha suggerito un’app con cui scaricare le mappe di un’a rea specifica, per poterle usare anche offline. Stando dietro alla freccia verde   sul display, che cambia posizione se siamo fermi e ch...
Translated from NL to IT by Antonio De Sortis
Written in NL by Lotte Lentes

Il sole quando cade

I  Il mattino dell’11 luglio 1978 un camion parte con un carico di propene li quido in direzione di Barcellona. Il camion proviene da una piccola città  della Catalogna ed è guidato da un autista con due grossi baffi nel mezzo  della sua faccia lucida. Sono vent’anni che guida lo stesso mezzo per conto   della stessa società, e conosce a memoria la rete stradale spagnola. Per evi tare le autostrade a pedaggio sceglie sempre le strade nell’entroterra.  Le bombole del gas non dovrebbero stare a lungo sotto il sole, meno che  mai una bombola enorme che contiene venticinque tonnellate di propene ...
Translated from NL to IT by Antonio De Sortis
Written in NL by Joost Oomen

E dieci dita più in là

POLLICE  Anche se sei al dodicesimo piano, riesci a sentire il rumore del cantiere. Stai  lavando i piatti. Sei rotolata giù dal letto, ti sei infilata un paio di boxer e a  seno scoperto, senza calzini hai iniziato a fare i piatti sporchi. Siccome l’ac qua calda non è uscita subito dal rubinetto, hai dimenticato di aprire  quella fredda, per cui l’acqua adesso è troppo calda e fa male alle mani. Quando le togli dall’acqua sono paonazze.  Tutto il piano di lavoro è ricoperto di stoviglie da lavare. In cucina ci sono  pentole anche per terra, e pirofile in vetro, e pile di piattini con degli av...
Translated from NL to IT by Antonio De Sortis
Written in NL by Joost Oomen

Le bugie si accumulano in fretta

Non intendevo sollevare un polverone del genere. Ma all’improv viso è successo. Raccontai a scuola dell’incidente stradale, e una cosa tira  l’altra.  Mi ero talmente stufato degli esami che mi alzavo sempre tardi, e  ogni volta mi ripromettevo di iniziare in anticipo per dare una sfogliata alle  cose che non avevo studiato. Dopo il bip-bip esasperante della sveglia di  mia madre, che entrava al lavoro molto presto, ripiombavo in un sonno  profondo, così profondo che sentivo a stento suonare la mia. Mio padre  veniva a buttarmi giù dal letto appena in tempo. Ma ciò non avvenne il  lunedì dell’...
Translated from NL to IT by Antonio De Sortis
Written in NL by Carmien Michels

Bubblegum blues

Ventitré euro e quaranta. È la somma che campeggia in cifre verde rana  sullo schermo della cassa della biglietteria. Due pallide mani rugose inseri scono con cautela gli spiccioli gialli e marroni nel pannello scorrevole, uno  ad uno, accanto a una banconota da venti euro. Subito dopo le mani chiu dono la cerniera del borsellino di pelle, mentre la relativa voce femminile emette suoni tranquillizzanti.  – Sta’ un po’ zitto, c’è un biglietto anche per te, – sussurra la signora  al suo cane, che comunque rimane fuori dall’inquadratura. Quando il pan nello scorre nuovamente verso di lei le monet...
Translated from NL to IT by Antonio De Sortis
Written in NL by Carmien Michels
More in IT

Il depuratore

Aspettava davanti ai box prefabbricati strofinandosi le mani congelate. In lontananza, due cormorani sfrecciarono sopra il fiume. Un istante dopo ricominciò a guardarsi intorno in tutte le direzioni e rilesse l’SMS che le era arrivato la sera prima. “Ciao Petra, operazione depuratore domani ore 8. Appuntamento al ponte, vicino ai prefabbricati. A.”. Prima che il display si spegnesse, lo rilesse altre tre volte. Il vecchio e il nuovo depuratore, che si spartivano le acque reflue dell’intera città, si ergevano uno dietro l’altro sull’isola, come se fossero le divinità del fiume. Mentre quello ...
Translated from CZ to IT by Elena Zuccolo
Written in CZ by Anna Háblová

Dopo l’ultima cena

Sono stati giorni fantastici. Morire è così, mi ricordo ogni minuto. È come se stessi disteso sulla mappa in altorilievo dell’adesso. Sto sdraiato di schiena per sentire ogni picco di montagna, ogni valle, tutte le pianure. La vita non scorre in avanti, né indietro, è solo adesso, adesso, adesso. Dopo qualche istante sento un dolore estremamente localizzato, come una pugnalata, e rimango straordinariamente sveglio, come nel momento in cui il giudice mi ha condannato a morte. Morire è così, succede molte volte, ma una di queste è definitiva. La sensazione della fine può durare molto tempo, per ...
Translated from PT to IT by Francesca Leotta
Written in PT by José Gardeazabal

Diário de uma Portuguesa em Angola

Per anni e anni sono stata bombardata da racconti sull’Angola. Racconti che andavano da un eccesso all’altro: da chi si innamora del paese e si sente subito a casa, a chi lo odia e non riesce in alcun modo ad adattarsi. Racconti incredibili, quasi da film, tanto che a noi che ascoltavamo non sembravano veri. Ho sempre pensato che fossero esagerati, come tutte le storie che, passando di bocca in bocca, si ingigantiscono. In questo caso, le bocche erano decisamente troppe. Per anni sono stata indecisa sul voler conoscere o meno un paese così mistico. C’erano momenti in cui pensavo fosse una met...
Translated from PT to IT by Elisa Rossi
Written in PT by Patrícia Patriarca

Rivolta inversa

La sua vita con Carmen Ottomanyi era iniziata molto bruscamente alla  fine del quinto anno di liceo. Nel giorno in cui decise di andarsene dalla  città, andò a cercare una tipa alta nella classe a fianco, una certa Fahrida  (suo padre era dell'Iran), detta anche Frida. Partiva dalla città perché aveva   la convinzione che se parti, i tuoi limiti rimarranno indietro, una convin zione assurda ma, se non arrivi mai ad avercela, sei degno di pietà. Trovò  questa Frida con una banda di ragazze, dietro i palazzi, mentre fumavano e  ridevano. Allora si fumava ancora come delle ciminiere, anche nei li...
Translated from RO to IT by Maria Alampi
Written in RO by Cătălin Pavel

La fanciulla morte

Deviazione. Il suicidio per strangolamento è un evento abbastanza raro. Solitamente il laccio viene avvolto ripetutamente intorno al collo, a volte utilizzando anche un oggetto morbido. Nello strangolamento, a causa della sollecitazione del nervo pneumogastrico e dello schiacciamento della carotide, il flusso di sangue diretto al cervello si arresta e le vie respiratorie si bloccano. Solo la laringe di solito non si chiude del tutto, per questo la morte risulta più lenta che con l'impiccagione (a meno che non si perdano i sensi e che il laccio non si allenti). L'impiccagione è invece da se...
Translated from CZ to IT by Elena Zuccolo
Written in CZ by Lucie Faulerová

Tutti gli uomini diventano fratelli

Quando vidi Andrei andarsene, cominciai a volergli bene. Vidi il suo zaino nero, stracolmo, lo portava sulla schiena come un guscio. Era uno zaino così pieno che ti faceva capire che non era in viaggio, non stava andando da nessuna parte. Se fosse andato così in montagna, forse lo zaino l’avrebbe fatto cadere all’indietro e poi giù in un precipizio. Le cerniere erano malridotte, potevano cedere e scoppiare da un momento all’altro, e immaginavo che lo zaino si sarebbe spiegato, come un airbag, un cuscino gonfiabile, sempre più grande, un paracadute che l’avrebbe sollevato e condotto a destinazi...
Translated from NL to IT by Francesco Panzeri
Written in NL by Yelena Schmitz