View Colofon
Original text "Het gaat over" written in NL by Maud Vanhauwaert,
Other translations
Published in edition #1 2017-2019

Punto di fuga

Translated from NL to IT by Antonio De Sortis
Written in NL by Maud Vanhauwaert

Parliamo di un uomo che non vuol perdere la strada di casa. Egli è fatto di  pasta di pane. Si mette in viaggio. Ogni pochi metri l’uomo si stacca di dosso  una briciolina, e la lascia cadere. Prima si stacca un braccio. Poi le orecchie, e  il naso. A seguire si cava un buco in pancia. Nell’immagine successiva guar diamo attraverso il buco dell’uomo. Nel buco vediamo, in lontananza, una  casetta. Dietro la finestra c’è una vecchia davanti a un tavolo. La donna  lavora un ammasso di pasta. Musichetta commovente nel finale. 
Parliamo di qualcuno che è felice, ma non di una felicità che valga la pena  raccontare a chi è rimasto a casa. 
Parliamo di qualcuno che è triste, ma neanche stavolta è così triste da raccon tarlo a chi è rimasto a casa. 
Parliamo di qualcuno che proprio nel momento in cui ha qualcosa di speciale  da raccontare, non ha più una casa. 
Parliamo di un uomo che non vuole perdere la strada di casa. Egli si rivolge  a tutti i fornai del suo paese. Costoro cuociono insieme un pane gigante.  L’uomo si annoda il pane gigante alla schiena e si mette in viaggio. Ogni  pochi metri l’uomo stacca una briciolina, e la lascia cadere. Alle spalle  dell’uomo le cince beccano le bricioline. Dopo un lungo vagare di molti mesi l’uomo rimane fermo sull’orlo del burrone. Si guarda indietro, e si accorge  che non c’è alcun sentiero di bricioline. Ci sono invece moltissime cince. Le  cince sollevano l’uomo per le braccia e in volo lo portano a casa. Musichetta  commovente. Fine. 
Parliamo di una madre, nella sua mano c’è la chiave di una casa che non  esiste più. 
Non è la nudità di suo padre a inquietare Arhus. Tamaz è solito camminare  mezzo nudo per casa e il ragazzo conosce il torso di suo padre fin troppo  bene. Le spalle strette. La rotondità della trippa sporgente e lucida.  L’ombelico una voragine buia nella quale Arhus, specialmente nella noia  dei pomeriggi domenicali, si ferma talvolta a guardare, sperando che quella  lo ingoi e lo trasporti, come il pozzo di Madama Holle, nel paese delle me raviglie. L’ombelico come punto di fuga. È un posto speciale, Arhus lo sa  per certo. Perché è anche passando da quell’ombelico che nascono i bam bini. Glielo ha raccontato Bebbia, una volta. Ecco perché mamma ha una  pallina nell’ombelico. Dev’essere il lobicino, o il mignolino, o perché no,  magari già il piccolo ombelico di un fratellino o una sorellina bell’e pronti.

Arhus è sull’uscio del piccolo bagno. Vede suo padre in ginocchio accanto  alla vasca da bagno. Il rubinetto è aperto. Arhus non riesce a vedere la  pancia di suo padre, che gli dà le spalle. Ogni mese Medea depila la schiena  del marito con una ceretta calda allo zucchero. Le era saltato all’occhio che i  suoi peli non creano sempre lo stesso motivo, ma si presentano in motivi differenti. Li paragonava agli storni che sciamano in formazioni cangianti.  Gli storni formano ora una grande nuvola attorno alla sua spalla sinistra. Il  bagno è pieno di vapore caldo. Somiglia alla foschia mattutina, ma è già  sera. “Papà, cosa stai facendo”, vorrebbe chiedere Arhus. Sente la bocca  secca, anche se è così umido qui. Il cuore gli batte in gola. Non riesce a dar forma alle parole. Gli rimangono impigliate da qualche parte lì in fondo  alla gola. Le gambe molli come uno straccio. 
Dietro la vasca c’è il water, e sopra di esso una finestrella. La sera, quando si  lava i denti, sale spesso in piedi sul coperchio del water per dare ancora uno  sguardo fuori dalla finestrella, sulla piazzetta dove gli uomini bevono  chatka e giocano a nardi (alcuni ci giocano con i loro calcoli renali, le ha  sussurrato una volta Bebbia, come una spia), e dove le donne, mentre rica mano gli ultimi pettegolezzi, tagliano la verdura per il giorno dopo. Se la fi nestrella è appannata dopo un bagno caldo, Arhus ci fa dei disegnini, a  volte distrattamente, a volte concentrandosi, e alcune volte per sfidare sé  stesso disegna una casetta, il cui tetto non deve evaporare prima che l’ul tima finestrella sia finita. 
Arhus non ricorda quando è stata l’ultima volta che ha disegnato nel  vapore. E non perché ora si senta troppo grande, ma per il semplice fatto  che da un bel pezzo non hanno avuto più acqua calda. E pure quando c’è,  spesso si tratta di una mezz’ora scarsa, mai abbastanza per coprire di vapore  la finestrella. 
Era un tacito accordo fra gli abitanti del quartiere. Quando uno di loro  notava che l’acqua calda o l’elettricità erano tornate, i bambini appende vano dei barattoli alle biciclette e se ne andavano in giro così, a fare un  chiasso infernale. Ben presto gli altri bambini si accodavano, e in un batter  d’occhio un disordinato plotone correva nel quartiere. Arhus avrebbe colto l’occasione al volo. Sarebbe corso fuori, avrebbe preso la bici, ci avrebbe  legato in fretta qualche barattolo, e poi avrebbe pedalato scampanando per  il quartiere. Sarebbe stato il nuovo banditore. Tutti i bambini lo avrebbero  seguito e la sera tutti si sarebbero complimentati e probabilmente gli avreb bero permesso di andare a letto molto più tardi. Ma qualcosa lo trattiene.

“Papà, cosa stai facendo.” Riesce a vedere bene la schiena di suo padre, ma  non la sua testa perché sporge per metà oltre il bordo della vasca. Arhus  cerca sostegno sullo stipite della porta. Ha le mani umidicce. Ha dimenti cato cos’era venuto a fare in bagno. Si ricorda che in effetti era già a letto, e  stava già dormendo. Allora perché si è alzato? Cos’è che lo ha strappato dal  sonno? Doveva fare pipì? Prova a schiacciarsi la pancia, ma non sente la ve scica piena. Le pareti del bagno sono impregnate di vapore. Sulla schiena di  suo padre luccicano gli storni. 
L’acqua bollente continua a scorrere dal rubinetto. Solo adesso Arhus si ac corge della luce arancione che filtra dalla finestrella. Dev’essere la luce del  lampione lì fuori. Evidentemente è tornata anche l’elettricità. Tutta la  scena ha un che di teatrale. Tamaz in ginocchio dentro a un vapore nebu loso, in controluce. Ma dov’è finito il primo banditore? I bambini sono già  tutti a letto? Che ora si è fatta? C’è un servizio centralizzato in città che non  accenda solo il gas e l’elettricità, ma anche il suo corpo? 
Arhus capisce cosa succede solo quando Tamaz chiude all’improvviso il ru binetto. Vede che la vasca è piena delle statuine di gesso di suo padre. Il  faro, il sommergibile, il dirigibile, il mappamondo… Le statuine a cui suo  padre ha lavorato per anni e che custodiva nella vetrinetta in soggiorno,  sopra lo scaffale dove mamma tiene esposti i cristalli di Swarovski a forma  di pupazzetti Disney. Per un momento Arhus pensa che il suo papà stia  battezzando le statuine. Già, c’è un’atmosfera solenne in bagno e forse il  suo papà è davvero un sacerdote che esegue un mikveh. Forse papà sta  seduto qui ogni notte e lui non lo sa perché di solito in quel momento si è  già recato nel mondo dei sogni. Arhus sa che valore hanno quei modellini  per suo padre. Non si meraviglierebbe se il papà si prendesse ogni notte il  tempo per battezzarli e benedirli. Il bagno, un luogo di strani rituali che lui  è ancora troppo giovane per comprendere del tutto. 
Arhus vede le statuine galleggiare in superficie e rotolare irrequiete. “Ma  certo”, pensa, “Papà vuole salvarle”. La vasca è un’arca di Noè che proteg gerà le statuine dal diluvio universale. Ma c’è qualcosa che non torna in  questa storia. Non è strano che anche l’arca sia già piena d’acqua? Papà infila le grosse mani nell’acqua e raduna tutte le statuine. Arhus tira  un sospiro di sollievo. Ora papà tirerà fuori le statuine, le asciugherà per  bene, e le rimetterà nella vetrinetta. Poi però vede suo padre che afferra il  piccolo faro, e lo spezza in due. Tamaz se ne sta lì, sconfitto, una goffa crea tura pelosa sul pavimento, ma le sue mani sono in preda a una convulsa  possessione. Anche il resto dei modellini deve arrendersi alla realtà. Li  spezza, uno ad uno. I pezzi rotti galleggiano alla deriva nell’acqua della vasca che assume un colore sempre più opaco, fino a trasformarsi in una so stanza lattiginosa. A quel punto con le mani riunisce i frammenti e li pressa  in un grosso ammasso bianco. 
“Papà!” urla adesso Arhus forte e chiaro. Tamaz si gira a guardarlo, senza  trasalire. Forse aveva percepito la presenza di suo figlio. Arhus vede le la crime negli occhi di suo padre. L’uomo guarda per un istante suo figlio e  poi riprende la sua piccola rivolta iconoclasta. Arhus non sa cosa fare. Non  sa se varcare la soglia del bagno e scuotere con violenza le spalle di suo padre per fermarlo. Forse può ancora salvare un paio di modellini e ripescarli  dall’acqua. O forse invece di fermarlo deve correre in camera, prendere il  suo Topolino di gesso dal piccolo scrigno e gettarlo con il resto nell’acqua  della vasca? Il suo cuore ha un sussulto. E se invece papà ha già preso il  Topolino? Forse per questo si era svegliato, poco prima, perché papà era  nella sua stanza. 
Arhus vorrebbe correre in camera, ma gli sembra un tradimento. Deve re stare qui e assistere a quello che fa suo padre. Cammina verso di lui. Si rim bocca le maniche della camicia del pigiama, siede dritto sulle ginocchia,  piega anche lui il torso oltre il bordo della vasca e con le sue manine gras socce di bimbo aiuta il padre nello spezzettamento delle statuine di gesso, che lentamente si sgretolano nell’acqua calda. 
Stanno in silenzio, e Arhus non sa ancora esattamente che senso abbia  tutto questo, ma sente che è importante. Forse l’acqua a poco a poco diven terà una poltiglia spessa e bianca. Una vasca da bagno piena di gesso ba gnato liquefatto. Allora guarderà suo padre come si fa fra spie. E saprà cosa  ci si aspetta da lui. Si alzerà in piedi, solleverà una gamba oltre il bordo della vasca. Sentirà il gesso, deliziosamente soffice e caldo. Avvicinerà l’altra  gamba, e finalmente andrà ad accovacciarsi nella vasca. 
Tamaz nel frattempo andrà a prendere Medea. Verrà a stare qui, nel bagno.  Gli occhi ancora addormentati. Si toglierà la camicia da notte e le si vedrà la  pallina della pancia, forse più rimpicciolita che mai. Oppure no. Anche lei verrà a sedersi nella vasca. Terrà aperte le gambe, accoccolandosi vicino al  figlioletto. Per ultimo si aggiunge anche Tamaz. Andrà a sedersi dietro sua  moglie. La vasca non è grande, ma se si stringono forte c’è spazio per tutti,  con Arhus in testa. Il gesso bagnato traboccherà dalla vasca. Scorrerà loro  nelle orecchie, nelle narici, attraverso gli occhi e negli ombelichi. E loro re steranno lì a sedere. Nel benefico calore del gesso. Resteranno a sedere fino  a che il gesso non si indurisce. Continuerà a essere notte, ma tutto diventa  sempre più bianco e chiaro. Tutto diventa più chiaro, anche se la luce arancione del lampione torna a spegnersi. Tutto è più chiaro, anche se nella più  fresca distanza non sentono squillare nessun banditore e sono soli in un nulla silenzioso. Non sanno chi verrà a scrivere il proprio nome sul loro  gesso, ma questo non ha importanza. Così ingessati saranno anche armati.  E non occorre dirselo, perché tutti e tre già lo sanno: mai più niente potrà rompersi dentro di loro.

More by Antonio De Sortis

Manovra

È la fine di gennaio, un sabato, è passato un anno da quando hai lasciato il  cuociriso da lei. Versi il caffè in due tazze e togli le fette dal tostapane. La  zuccheriera è sulla penultima mensola nella credenza sopra i fornelli.  Quando ti ci allunghi, la spalla ti scricchiola in un modo orribile. Lei alza lo  sguardo dal telefono, che è poggiato sulla tavola accanto ai suoi occhiali.  Metti la zuccheriera sul tavolo, ti scusi e seduta in bagno piangi. Se espiri  lentamente riesci quasi a coprire i singhiozzi. A malapena un’eco. Un se greto che condividi con il calendario sulla porta.  Ti la...
Translated from NL to IT by Antonio De Sortis
Written in NL by Simone Atangana Bekono

Dichiarazione di dipendenza

Poco tempo fa, a un barbecue, ho conosciuto una persona che aveva  appena avuto un bambino. Era la sua prima uscita in pubblico. Confessò,  con il bambino fra le braccia, che questo fatto l’aveva resa dipendente. Nel  dire così fece una faccia delusa, e ne parlava come se fosse una confessione.  Sembrava che per lei la dipendenza fosse una forma di fallimento.  Come per tutti noialtri, credo.  Alla dipendenza si associa il più delle volte qualcosa di debole e poco  attraente, di brutto addirittura. Se pensiamo all’indipendenza, vediamo  invece un che di forte, di attraente, l’obiettivo a cui t...
Translated from NL to IT by Antonio De Sortis
Written in NL by Rebekka de Wit

Anche se non puoi vederne che una goccia

The white cracker who wrote the national anthem knew what he was doing.  He set the word “free” to a note so high nobody can reach it.   That was deliberate.  Angels in America (Tony Kushner) Io e mio padre eravamo per strada verso l’aeroporto. Andavo per un mese  in America e per lui venire a salutarmi era questione di vita o di morte. Stavo andando a Charleston, una cittadina sulla costa del South  Carolina. Mio padre mi chiese che aspetto avesse il posto e in quel mo mento realizzai di non aver googlato nemmeno una foto.  Sapevo soltanto che c’era stata una sparatoria, nel seminterrato di...
Translated from NL to IT by Antonio De Sortis
Written in NL by Rebekka de Wit

Bollettino dell’ultimo giorno

I suppose, I said, it is one definition of love, the belief in something that only  the two of you can see.  – Rachel Cusk, Outline Per l’ennesima volta mi impedisce di tirare fuori dallo zaino la mappa dell’i sola.  – Così sembriamo proprio delle turiste, – mi dice.  – Ma è quello che siamo, no? – domando io.  Lei non risponde, ma aggrottando le sopracciglia guarda lo schermo del te lefono. Qualcuno le ha suggerito un’app con cui scaricare le mappe di un’a rea specifica, per poterle usare anche offline. Stando dietro alla freccia verde   sul display, che cambia posizione se siamo fermi e ch...
Translated from NL to IT by Antonio De Sortis
Written in NL by Lotte Lentes

Il sole quando cade

I  Il mattino dell’11 luglio 1978 un camion parte con un carico di propene li quido in direzione di Barcellona. Il camion proviene da una piccola città  della Catalogna ed è guidato da un autista con due grossi baffi nel mezzo  della sua faccia lucida. Sono vent’anni che guida lo stesso mezzo per conto   della stessa società, e conosce a memoria la rete stradale spagnola. Per evi tare le autostrade a pedaggio sceglie sempre le strade nell’entroterra.  Le bombole del gas non dovrebbero stare a lungo sotto il sole, meno che  mai una bombola enorme che contiene venticinque tonnellate di propene ...
Translated from NL to IT by Antonio De Sortis
Written in NL by Joost Oomen

E dieci dita più in là

POLLICE  Anche se sei al dodicesimo piano, riesci a sentire il rumore del cantiere. Stai  lavando i piatti. Sei rotolata giù dal letto, ti sei infilata un paio di boxer e a  seno scoperto, senza calzini hai iniziato a fare i piatti sporchi. Siccome l’ac qua calda non è uscita subito dal rubinetto, hai dimenticato di aprire  quella fredda, per cui l’acqua adesso è troppo calda e fa male alle mani. Quando le togli dall’acqua sono paonazze.  Tutto il piano di lavoro è ricoperto di stoviglie da lavare. In cucina ci sono  pentole anche per terra, e pirofile in vetro, e pile di piattini con degli av...
Translated from NL to IT by Antonio De Sortis
Written in NL by Joost Oomen

Le bugie si accumulano in fretta

Non intendevo sollevare un polverone del genere. Ma all’improv viso è successo. Raccontai a scuola dell’incidente stradale, e una cosa tira  l’altra.  Mi ero talmente stufato degli esami che mi alzavo sempre tardi, e  ogni volta mi ripromettevo di iniziare in anticipo per dare una sfogliata alle  cose che non avevo studiato. Dopo il bip-bip esasperante della sveglia di  mia madre, che entrava al lavoro molto presto, ripiombavo in un sonno  profondo, così profondo che sentivo a stento suonare la mia. Mio padre  veniva a buttarmi giù dal letto appena in tempo. Ma ciò non avvenne il  lunedì dell’...
Translated from NL to IT by Antonio De Sortis
Written in NL by Carmien Michels

Bubblegum blues

Ventitré euro e quaranta. È la somma che campeggia in cifre verde rana  sullo schermo della cassa della biglietteria. Due pallide mani rugose inseri scono con cautela gli spiccioli gialli e marroni nel pannello scorrevole, uno  ad uno, accanto a una banconota da venti euro. Subito dopo le mani chiu dono la cerniera del borsellino di pelle, mentre la relativa voce femminile emette suoni tranquillizzanti.  – Sta’ un po’ zitto, c’è un biglietto anche per te, – sussurra la signora  al suo cane, che comunque rimane fuori dall’inquadratura. Quando il pan nello scorre nuovamente verso di lei le monet...
Translated from NL to IT by Antonio De Sortis
Written in NL by Carmien Michels
More in IT

La Metro

Lunedì mattina sentì la metro entrare in stazione non appena introdotta la tessera nel dispositivo e, sebbene non fosse in ritardo e anche se lo fosse stato, non c'era alcun problema, tuttavia fu colto dall’improvviso desiderio di prendere quella metro, un desiderio che non era tanto una voglia, quanto una bizzarra smania di vendetta, e si scaraventò giù per le scale. Successe però una cosa molto strana. Come si suol dire, nel momento in cui muori, che la vita intera ti passa davanti agli occhi, in quei pochi secondi, quanti ne servirono a T. per salire tutti i gradini, gli passò per la mente ...
Translated from RO to IT by Maria Alampi
Written in RO by Cătălin Pavel

Dopo l’ultima cena

Sono stati giorni fantastici. Morire è così, mi ricordo ogni minuto. È come se stessi disteso sulla mappa in altorilievo dell’adesso. Sto sdraiato di schiena per sentire ogni picco di montagna, ogni valle, tutte le pianure. La vita non scorre in avanti, né indietro, è solo adesso, adesso, adesso. Dopo qualche istante sento un dolore estremamente localizzato, come una pugnalata, e rimango straordinariamente sveglio, come nel momento in cui il giudice mi ha condannato a morte. Morire è così, succede molte volte, ma una di queste è definitiva. La sensazione della fine può durare molto tempo, per ...
Translated from PT to IT by Francesca Leotta
Written in PT by José Gardeazabal

Non lo ero, ma ora lo sono. Sensibile a ogni variazione atmosferica.

Il vento soffiava la neve prima sul viso, su una sponda del canale, e poi, raggiunto l'altro lato del ponte, sulla schiena, cosa che nel complesso era abbastanza piacevole. Da quella parte il paesaggio si vede anche meglio, senza bisogno di strizzare gli occhi. Il canale non è ancora del tutto ghiacciato, ma lo sarà nel giro di un paio di giorni. È quasi certo. Inizialmente sembrava un'illusione ottica, ma poi si è fatta sempre più nitida l'immagine di un cigno intento a scavare un buco nella superficie semighiacciata, proprio in mezzo al canale. Si impegna e apre una breccia, poco alla volta,...
Translated from SR to IT by Sara Latorre
Written in SR by Marija Pavlović

Abbiamo sempre vissuto in questo paese

Abbiamo cambiato pelle. È quanto dico a me stessa, riflessa nello specchio d’acqua d’abbeverata che ci regala la pila. Non ci sono più vacche in paese, quindi l’abbeveratoio è nostro, come quasi tutto intorno a noi. Nostro e di nessuno. Patrimonio di quelle che qui risiedono e resistono. Mia figlia ha rimasugli di fango e foglie secche nei capelli e mi si aggrappa al corpo come un animaletto. Da tanto non usiamo il passeggino perché il selciato lo rende inutilizzabile, quindi i miei muscoli si sono modellati a lei, al suo peso e alle sue forme, forgiandone di nuove, atletiche, impensabili. Non...
Translated from ES to IT by Ilaria Garelli
Written in ES by Aixa De la Cruz Regúlez

MONDOBOIA

DISCLAIMER: MONDOBOIA è una raccolta di racconti composta da sei cicli (Jedna neobična vest, Ptice ne preleću prigradska naselja, Crtice iz minibusa, Skorosmrtnica, Na usta, Ako ste nas bombardovali). Ogni ciclo comprende cinque racconti che ci introducono ai personaggi e agli eventi delle loro vite, hanno finali aperti, sono spesso privi di introduzione e si collegano l’uno all’altro a livello spaziale. Nel complesso, la raccolta di racconti MONDOBOIA tende ad avere un approccio umoristico e ironico alle tematiche serie della vita quotidiana di persone che vivono un momento storico o intimo d...
Translated from SR to IT by Sara Latorre
Written in SR by Ana Marija Grbic

Non dare da mangiare alle scimmie

Luz aspettava da più di mezz’ora sotto il sole. Ogni tanto, percorreva  il marciapiede da un estremo all’altro per sgranchirsi le gambe e alleggerire il  peso della pancia. Gli occhi le si muovevano con rapidità tra le macchine che  circolavano per strada, soprattutto quando si sentiva un’accelerata. Ma  niente.  Decise di ripararsi dal caldo sotto la gronda dell’edificio. Fu allora  che, dietro un autobus, apparve zigzagando la piccola macchina rossa. Luz  vide Jaime frenare di colpo e suonare ripetutamente il clacson, come se l’a spettasse da un pezzo. Lei rimase un altro po’ all’ombra.  Il ...
Translated from ES to IT by Valeria Parlato
Written in ES by Roberto Osa